Maura Delpero, una regista “outsider”, se possiamo azzardare una definizione, che con il suo film Vermiglio ha raggiunto traguardi importanti. Dapprima il trionfo con il Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia nel 2024, un anno dopo il David di Donatello per la Miglior Regia. Ed è così che la Delpero ha rotto l’incantesimo, diventando la prima donna a vincere l’ambito premio in 70 anni. È così che ha fatto la storia, coronando una carriera ultraventennale.
Gli studi e la carriera
Classe 1975, Maura Delpero è nata a Bolzano ma studi e carriera l’hanno portata oltreoceano. Dapprima ha studiato Lettere tra Bologna e Parigi, poi Drammaturgia a Buenos Aires.
Dopo gli studi, ha lavorato come assistente nel film Le ferie di Licu in Bangladesh, per poi realizzare il documentario Moglie e buoi dei paesi tuoi. Ha lavorato anche nel documentario Signori professori, tra il 2007 e il 2008, opera per cui è stata premiata con UCCA – Venti Città e Avanti!. Nominata nella cinquina finalista del David di Donatello nel 2013 con la sceneggiatura Nadea e Sveta, il suo film d’esordio è stato Maternal nel 2019, premiato al 72esimo Festival di Locarno.
Da più di vent’anni nel mondo del cinema, la Delpero ha ottenuto importanti premi e riconoscimenti grazie al suo secondo film da regista, Vermiglio, che ha scritto e diretto nel 2024 e le è valso il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria. Un film “nato da un sogno che non pensavo sarebbe finito con un sogno del genere”, come lei stessa ha affermato sul palco, con gli occhi lucidi e il volto emozionato.
“Nonostante sia sconosciuto, il mio lavoro è lungo nel tempo – ha detto sempre in quell’occasione -. Sono quasi vent’anni che faccio cinema e quindi considero questo premio un riconoscimento per tanto lavoro in salita, a testa bassa“. Vermiglio è stato anche selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar 2025, “per la sua capacità di raccontare l’Italia rurale del passato, i cui sentimenti e temi vengono resi universali e attuali”.
Il grande successo di Vermiglio
Ambientato nella Val di Sole, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Delpero ha raccontato la genesi del film. Tutto è nato da un sogno: il padre, scomparso da poco, le è apparso in forma onirica nelle sembianze di un bambino. Vermiglio è anche un “paesaggio dell’anima”, un vero e proprio omaggio al paese natale del papà e alle sue radici familiari: “È un ‘lessico famigliare’ che vive dentro di me, sulla soglia dell’inconscio, un atto d’amore per mio padre, la sua famiglia e il loro piccolo paese”.
Nel discorso di ringraziamento a Venezia ha citato le persone a lei vicine, ma anche e soprattutto la figlia Caterina. “Porto a casa questo Leoncino a Caterina, mia figlia che è stata una bimba di pochi mesi che ha sopportato la sua mamma regista, papà attore, tutti produttori. Grazie per la pazienza e grazie a tutti quelli che ci hanno aiutati. Grazie a tutti quelli che aiutano la conciliazione tra lavoro e famiglia, che è difficilissimo, in particolare per le donne. Mi auguro che la società, dato che si riproduce attraverso i nostri corpi, inizi a sentire questo problema come suo e non lasci sole le donne”.
La prima donna a vincere il David di Donatello per la Miglior Regia
Vermiglio ha raggiunto molto traguardi importanti, ma l’ultimo è stato storico. E non è un eufemismo. In un ambiente che per settant’anni ha premiato soltanto uomini, finalmente la kermesse cinematografica – tra le più importanti d’Italia – ha riconosciuto il talento di una regista donna. Ed è a Maura Delpero che è andato il premio per la Miglior Regia, nel 2025.
“Quando ho pensato a Vermiglio, qualcuno mi disse che parlare ancora di guerra era anacronistico. Ma io credo che le storie non abbiano scadenza, se parlano all’essere umano. Questo premio non è solo mio, ma di tutte le donne che raccontano, resistono, creano. È un segnale bellissimo contro l’omologazione del linguaggio e a favore della pluralità degli sguardi”, ha detto emozionatissima nel suo discorso.