Tra le serie TV che, nel giro di poche ore dall’uscita, hanno incollato gli spettatori allo schermo, Adolescence si distingue per la sua crudezza e per la volontà di avvicinare il pubblico a una realtà che, per via delle tematiche attuali, potrebbe riguardare chiunque. Ma quanto c’è di vero nella storia creata da Stephen Graham e Jack Thorne, che sta facendo impazzire Netflix?
“Adolescence”: di cosa parla la serie TV più vista su Netflix
Quattro episodi, un omicidio e la consapevolezza di quanto la vita e le certezze di un’intera famiglia possano sgretolarsi in un attimo. Adolescence, crime thriller britannico firmato da Stephen Graham e Jack Thorne e diretto da Philip Barantini, è schizzato al primo posto tra i contenuti più visti di Netflix grazie a una trama capace di tenere con il fiato sospeso e a una serie di interrogativi che spingono a riflettere su aspetti attuali e dolorosi della nostra società.
La storia segue la famiglia Miller e il ritrovamento del corpo di Katie Leonard, una quattordicenne trovata senza vita in un parco. Le indagini conducono a Jamie Miller, interpretato da Owen Cooper, un ragazzo di 13 anni che sembra essere il colpevole.
La serie è suddivisa in quattro fasi, una per episodio, esplorando ogni aspetto della vicenda attraverso piani sequenza immersivi che ci fanno sentire parte della storia: dall’arresto alle indagini, fino al colloquio psicologico del ragazzo e agli effetti della tragedia sulla sua famiglia, costretta a fare i conti non solo con il trauma subito, ma anche con il giudizio dell’opinione pubblica.
“Adolescence” è ispirato a una storia vera?
La potenza della serie non sta solo nell’intreccio narrativo, ma soprattutto nella scelta delle tematiche trattate: attuali e, purtroppo, tutt’altro che rare.
Violenza, cyberbullismo, manosfera (i forum e le comunità online che diffondono idee misogine) e cultura Incel sono elementi centrali di una narrazione che non si focalizza solo sul crimine, ma sulle dinamiche sociali e psicologiche che possono spingere un adolescente a esprimere rabbia e violenza senza considerare le conseguenze delle proprie azioni.
Guardando la serie, è inevitabile chiedersi se sia ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto. A chiarirlo è lo sceneggiatore e protagonista Stephen Graham, che nella serie interpreta Eddie Miller, il padre del giovane accusato.
L’attore ha spiegato che Adolescence non si riferisce a un singolo caso specifico, ma trae spunto da riflessioni legate a eventi reali e dalle ripercussioni sociali legate ai temi affrontati:
“C’è stato un incidente in cui un ragazzo presumibilmente ha pugnalato una ragazza. Mi ha scioccato. Stavo pensando: ‘Cosa sta succedendo? Perché un ragazzo pugnala a morte una ragazza? Qual è il fattore scatenante?’ E poi è successo ancora, e poi di nuovo. Volevo davvero fare luce su questo problema e porre la domanda: ‘Perché sta accadendo? Cosa ci ha portati a questo punto?’”
Ed è proprio questa la vera forza di Adolescence: spinge a riflettere su un tema che ci riguarda tutti. La serie mostra come questi episodi non siano legati solo a contesti difficili o a famiglie problematiche, ma possano colpire chiunque, indipendentemente dal background sociale. Un ragazzo apparentemente sereno può assorbire modelli di pensiero tossici, e un evento inaspettato può innescare reazioni imprevedibili.
Non basta quindi limitarsi a osservare: Adolescence invita a mettersi in discussione, a interrogarsi su come queste dinamiche si sviluppano e, soprattutto, su cosa possiamo fare per fermarle. La domanda non è solo “perché accade?”, ma anche “cosa possiamo fare per evitarlo?”.