Tumore al seno, con muscoli in forma le terapie funzionano di più

Uno studio dimostra che la riduzione di massa muscolare è associata al fallimento della terapia contro il tumore al seno: l'importanza dell'attività fisica

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 17 Giugno 2025 14:48

C’è un nemico per la salute dei muscoli. Si chiama sarcopenia. Ed è legato alla perdita progressiva di massa muscolare. Per tutte può essere un problema – la sana alimentazione insieme alla regolare attività fisica consente di combatterla – ma per chi affronta un tumore della mammella ci vuole ancor più attenzione al benessere muscolare. Conservare la massa muscolare, infatti, significa anche poter avere risposte migliori dopo trattamenti. A confermarlo è una ricerca pubblicata su Discover Oncology, condotta dagli esperti della Facoltà di Medicina Ribeirão Preto dell’Università di San Paolo, in Brasile.

Quanto vale il muscolo

La ricerca ha valutato i dati di donne a cui era stato recentemente diagnosticato un tumore al seno. Lo studio ha confermato che le donne con una massa muscolare inferiore all’inizio del periodo di monitoraggio avevano una prognosi peggiore rispetto a quelle con massa muscolare normale.

Non solo: si mette in luce un primo dato su cui riflettere. La prevalenza di una ridotta massa muscolare tra le pazienti oncologiche varia ampiamente, dal 38% al 70%. Per quanto riguarda specificamente il cancro al seno, gli studi riportano una prevalenza vicina al 40%. In questa specifica popolazione, la riduzione della massa muscolare è stata associata a fallimento del trattamento, tossicità della chemioterapia, riduzione dell’attività fisica, progressione del tumore e sopravvivenza più breve.

Specificamente l’indagine ha seguito più di 50 pazienti con diagnosi di tumore al seno in stadio iniziale e percorso terapeutico indirizzato verso la chemioterapia. Prima di iniziare il trattamento, sono state tutte sottoposte a valutazioni antropometriche, test di bioimpedenziometria e TAC con analisi della terza vertebra lombare. Sono state inoltre sottoposte a test di funzionalità fisica, come test di forza di presa della mano e di velocità di deambulazione, nonché ad analisi del sangue.

La scelta della popolazione, come conferma in una nota la ricercatrice Mirele Savegnago Mialich Grecco, parte dal presupposto che le donne con tumore mammario sono predisposte alla perdita di massa, alla compromissione della qualità muscolare e alla diminuzione della forza durante il trattamento. Questi cambiamenti possono predire esiti avversi, inclusa la mortalità.

Importante misurare il tessuto muscolare

Nella ricerca, i controlli sono stati effettuati con la Tomografia Computerizzata (TC) del torace e valutazione della quantità e della qualità della massa muscolare nelle donne con tumore prima che iniziassero la chemioterapia o altri trattamenti. In assenza di questo esame, si è rilevata anche un’altra misurazione, ovvero l’angolo di fase (PhA) come metodo alternativo. Si tratta di una misura associata all’integrità della membrana, ottenuta tramite bioimpedenziometria. Ed è uno strumento rapido e non invasivo in grado di riflettere la composizione corporea.

Cinque anni dopo, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di queste pazienti per verificare la mortalità durante il periodo. I risultati hanno mostrato che le donne con carcinoma mammario non metastatico e ridotta massa muscolare avevano un tasso di sopravvivenza significativamente inferiore rispetto a quelle con massa muscolare normale. Non solo: le persone con ridotta massa muscolare presentavano anche angoli di fase inferiori, con prognosi e sopravvivenza meno positiva indipendentemente dall’età o dallo stadio del tumore.

Come controllare la situazione

Lo studio conferma altre osservazioni, che mostrano come chi ha una maggior massa muscolare tende a rispondere meglio a cure come la chemioterapia e la radioterapia, oltre ad avere un minor rischio di complicanze e un recupero più efficace. Questo perché il muscolo svolge un ruolo essenziale nel metabolismo, contribuendo a regolare la risposta infiammatoria e l’assorbimento dei farmaci.

Al contrario, anche oltre il tumore mammario, i pazienti oncologici con ridotta massa muscolare presentano un rischio maggiore di sviluppare tossicità durante il trattamento, il che può comportare una prognosi peggiore e un tasso di sopravvivenza inferiore.

Cosa fare? Pur se si osserva perdita di peso durante le cure per tumore, bisognerebbe secondo gli studiosi prestare particolare attenzione alla composizione corporea ed alla massa muscolare. In questo modo si possono per monitorare i cambiamenti metabolici correlati alla malattia e indirizzare interventi nutrizionali mirati, soprattutto nelle popolazioni in cui la presenza di maggior tessuto adiposo potrebbe mascherare i cambiamenti se ci si basa solo sul peso. D

alla ricerca viene quindi un monito: è importante che l’equipe monitori la massa muscolare delle pazienti fin dall’inizio del percorso indirizzandole ad un programma di esercizio fisico non appena le loro condizioni lo consentano. Secondo l’esperta servirebbero “soprattutto esercizi di resistenza e di forza, che aiuteranno a preservare un po’ di più la massa muscolare. L’idea non è quella di promuovere l’aumento di massa muscolare, ma piuttosto di minimizzarne la perdita e consentire al corpo di quella donna di resistere meglio a tutti i trattamenti antitumorali”.

Come contrastare la sarcopenia

La sarcopenia è una condizione caratterizzata da una perdita della massa muscolare progressiva e generalizzata. La perdita di massa muscolare si accompagna a una riduzione della forza e della prestazione fisica. Il primo segno può essere un’evidente riduzione del volume dei principali gruppi muscolari delle braccia e delle gambe.

Il quadro provoca alterazioni anatomiche e funzionali delle fibre muscolari e comporta una certa sensibilità alla fatica e alla stanchezza oltre che difficoltà a compiere comuni azioni quotidiane come salire le scale, portare i sacchetti della spesa, prendere un bambino in braccio, alzarsi agilmente da una poltrona, fare una lunga passeggiata.

In queste condizioni si può innescare un circolo vizioso. Meno ci si muove, più si perde muscolo e più si perde muscolo, meno ci si muove. Bisogna ricordare che dai 40 anni in poi si riscontra una diminuzione progressiva del muscolo, tanto che fino ai 70 anni si perde circa l’otto per cento della massa muscolare ogni dieci anni.

Dopo i 70 anni, invece, il processo subisce un’accelerazione e si arriva al 15 per cento di perdita ogni dieci anni. Favoriscono la comparsa del quadro le malattie endocrine, come quelle tiroidee, che incidono negativamente sul metabolismo dell’osso, quelle cardiovascolari, come lo scompenso cardiaco, quelle respiratorie, come la bronchite cronica, quelle osteoarticolari, come l’artrosi e l’osteoporosi, e naturalmente le malattie neurologiche come il Parkinson o l’Alzheimer.

Detto che la diminuzione della massa muscolare e della forza è un processo correlato al fisiologico invecchiamento delle cellule muscolari, ricordiamo che ci sono situazioni particolari che a ogni età possono accelerare questo processo; il fattore più importante è l’inattività fisica. Anche un’alimentazione povera di proteine e sbilanciata, con un apporto eccessivo di carboidrati e grassi, può rappresentare un fattore importante nell’accelerare la perdita di muscolo.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.