Leishmaniosi, perché occorre proteggere il cane per limitare i rischi per l’uomo

La leishmaniosi è una malattia protozoaria, non contagiosa, dai sintomi variabili. Chi sono i soggetti a rischio se il cane si infetta

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 12 Maggio 2025 12:54

Si chiama leishmaniosi. E può essere cutanea e viscerale. Interessa soprattutto i bambini e chi presenta un sistema immunitario che non lavora al meglio, sia per malattia che per trattamenti.

In una logica “One Health”, considerando la salute ambientale (l’aumento dei casi umani e non solo anche in Italia pare legarsi anche ai mutamenti climatici) gli esperti segnalano come proteggere i cani dall’infezione possa aiutare non solo gli animali, ma anche l’uomo.

La leishmaniosi canina è infatti un’infezione causata dal parassita Leishmania Infantum, protozoo intracellulare obbligato. Ed ha implicazioni importanti in clinica veterinaria, oltre ma anche di sanità pubblica. Si tratta infatti di una zoonosi, ovvero di una patologia trasmissibile all’essere umano.

Come l’animale si può infettare

La leishmaniosi è una malattia protozoaria diffusa in tutto il mondo che colpisce uomini e animali, causata da diversi ceppi di Leishmania. Per fortuna il ceppo presente in Italia è poco nocivo per l’uomo, ma è molto pericoloso per il cane, che rappresenta il principale serbatoio. Un’efficace prevenzione della malattia nel cane rappresenta quindi un intervento in difesa della salute dell’uomo.

La leishmaniosi non è una malattia contagiosa: per la sua trasmissione serve la presenza di un piccolo insetto – il flebotomo o pappatacio – che funge da vettore e può infettare il cane sano o infettarsi dal cane malato.

Segni e sintomi della malattia sono molto variabili: accanto a cani che mostrano solo un quadro clinico molto lieve, altri possono andare incontro a un esito letale, per la diversa risposta individuale del sistema immunitario.

È pertanto fortemente consigliato l’uso di prodotti che attuino un’efficace strategia che impedisca al pappatacio di nutrirs- L’utilizzo dei presidi di questo tipo (definiti no-feeding) è raccomandato nei cani sani, per evitarne il contagio, nei cani già infetti e “serbatoio” del parassita, per evitare di amplificare l’infestazione attraverso il ciclo cane infetto – pappatacio – cane sano (o uomo). E ovviamente nei cani “viaggiatori” che, se condotti in una zona endemica e qui infettati, potrebbero portare la leishmaniosi anche in zone oggi indenni.

Cosa può succedere (raramente) all’uomo

A differenza del cane, l’uomo ha un’alta resistenza naturale al parassita, grazie alla maggiore efficienza del suo sistema immunitario. Quindi il rischio di sviluppare la malattia è statisticamente molto basso e riguarda in prevalenza persone con gravi malattie in grado di compromettere il sistema immunitario. In ogni caso, pur se per l’uomo si tratta di un evento raro, la leishmaniosi crea preoccupazione.

L’infezione si trasmette dopo che un cane “portatore” del parassita è stato punto da un pappatacio, e questo “inocula” l’invisibile agente della malattia nel corpo umano. Magari senza che nemmeno ci si accorga della puntura, o confondendo il ponfo con quello causato da una zanzara. Poi non accade niente per due-tre settimane, quando compaiono i primi segnali dell’avvenuta infezione e cominciano i sintomi, che variano in base alle aree dell’organismo colpite.

La leishmania è un parassita intracellulare, cioè deve innestarsi all’interno delle cellule, ma tende a concentrarsi nelle unità operative del midollo osseo. Spesso quindi i segnali che l’infezione invia sono inizialmente molto generici.

L’anemia legata alla carente produzione di globuli rossi può dare stanchezza, ma occorre aggiungere anche l’insufficiente sintesi dei globuli bianchi, che hanno il compito di difenderci dalle infezioni. I problemi più seri cominciano però quando compaiono la febbre e la diarrea.

Il rialzo della temperatura causato da questa condizione è abbastanza tipico: la febbre ha infatti un andamento ondulante, e può salire anche a 38-39 gradi e scendere nel giro di qualche ora. Ma la temperatura non ritorna mai alla normalità e questo deve mettere in allarme. Il motivo di questa “reazione” febbrile è legato alle caratteristiche della leishmania, che induce una poderosa reazione difensiva da parte del sistema immunitario dell’organismo.

I macrofagi, una particolare “famiglia” di globuli bianchi che hanno il compito di “inglobare” gli elementi esterni da eliminare come fanno i camion della nettezza urbana in cui scompaiono grandi sacchi di spazzatura, cercano infatti di “mangiare” il parassita. Ma per fare questo il corpo deve attivare una reazione massiccia, che porta anche ad ingrossare le ghiandole linfatiche.

Nei bambini colpiti dall’infezione ci può essere anche l’ingrossamento del fegato perché il parassita tende a concentrarsi anche in cellule che fanno parte di questo “laboratorio” naturale del corpo, chiamate cellule di Kuppfer. La malattia umana può quindi diventare pesante da sopportare, soprattutto per i più piccoli, mentre nell’adulto le manifestazioni dell’infezione tendono ad essere maggiormente sfumate.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.