Freezing, cos’è, come si fa e quando è indicata la crioconservazione degli ovociti

Come funziona il congelamento degli ovociti e a chi è indicato: è in aumento il numero delle donne che decide di preservare la propria fertilità

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 18 Marzo 2025 10:16

Le statistiche parlano chiaro. In Italia è in aumento il numero di donne che decidono di preservare la loro fertilità, optando per il congelamento degli ovociti. Questo può avvenire sia per motivi medici, quindi a causa di una malattia che può mettere a rischio la propria capacità riproduttiva, o per ragioni personali (il cosiddetto “social freezing”), dalla ricerca di un partner stabile, alla necessità di dedicare di trovare una stabilità lavorativa ed economica. Tutto questo può infatti “spostare” in avanti le lancette della gravidanza.

Le tre tappe del congelamento degli ovociti

Sostanzialmente il percorso si può sintetizzare in tre momenti diversi. Si parte dalla cosiddetta stimolazione ormonale controllata, che si effettua attraverso punture sottocutanee. Queste vengono associate ad un monitoraggio con ecografia per valutare la crescita follicolare a partire dal secondo-terzo  giorno del ciclo. Si prevedono quindi 3-4 ecografie nell’arco di 12 giorni.  Poi si passa a vero e proprio prelievo degli ovociti.

Si effettua in regime di day hospital, in sala operatoria, con una sedazione leggera o anestesia locale per via transvaginale. Durante la procedura vengono aspirati i follicoli con un diametro superiore a 14 millimetri. La donna in genere torna a casa dopo un’osservazione di qualche ora. inizia così la vera e propria crioconservazione.

Dopo il prelievo, gli ovociti maturi ottenuti vengono crioconservati mediante una tecnica chiamata “vitricazione”. Si tratta di una metodica validata che consente di conservare gli ovociti in azoto liquido a bassissime temperature (-196 gradi) senza procurare alcun danno, indicata come il “gold standard” tra le metodiche di preservazione delle fertilità femminile.

Una pratica in aumento

“Le donne italiane sono sempre più inclini alla crioconservazione degli ovociti – spiega Alberto Vaiarelli, ginecologo e responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma – grazie alle maggiori informazioni che sono giunte in questi anni sulla tematica. Molte di loro sono alla ricerca di informazioni per difendere il proprio potenziale riproduttivo e di soluzioni per poter pianificare la gravidanza. Nel corso di questo anno abbiamo visto aumentare le richieste di accedere a questa procedura che consente di mettere da parte un ‘tesoretto’ di ovociti che potranno poi essere utilizzate se, eventualmente, negli anni si avranno problemi nel concepimento naturale.

Siamo comunque molto lontani da una diffusione su larga scala (parliamo di alcune centinaia di procedure l’anno, purtroppo ancora pari a meno del 10% di tutti i cicli di Procreazione Medicalmente Assistita o PMA che effettuiamo nei centri), soprattutto perché i farmaci sono a carico del paziente e ancora oggi la maggioranza dei centri pubblici assicura il congelamento ovocitario solo per i casi oncologici. Ma abbiamo anche notato un aumento di donne che vengono indirizzate a questo percorso dai loro medici di famiglia o ginecologi di fiducia”.

Quando è indicato il freezing

La capacità riproduttiva di una donna può essere compromessa da terapie tossiche per il sistema riproduttivo (definite quindi gonadotossiche) per patologie oncologiche, come il tumore della mammella, dell’ovaio e dell’utero, per patologie sistemiche o per malattie ginecologiche come l’endometriosi severa che, pur essendo una malattia benigna, può compromettere il patrimonio ovarico diminuendo così la riserva ovarica.

Inoltre, circa una donna su cento può essere esposta ad un rischio genetico di menopausa precoce che può insorgere prima dei 40 anni.

“Ma tra le indicazioni alla crioconservazione ovocitaria per la preservazione della fertilità femminile, rientrano anche quelle più personali (‘social freezing’) che interessano donne che per vari motivi decidono di posticipare la ricerca di una gravidanza – fa notare l’esperto.

Ricordiamo che l’efficacia della crioconservazione ovocitaria dipende soprattutto dall’età e dalla riserva ovarica (numero di ovociti a disposizione), motivo per il quale consigliamo di procedere entro i 35 anni di età, lasciando poi alla valutazione del medico specialista in medicina della riproduzione l’opportunità di procedere oltre questa soglia”.

 

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.