Quando nel 2016 Maria Grazia Chiuri fu nominata Direttrice Creativa di Dior, fu subito chiaro che qualcosa stava cambiando. Prima donna alla guida creativa della maison fondata nel 1946, ha portato con sé un nuovo sguardo, uno sguardo femminile pensato per le donne. Otto anni dopo, mentre lascia Dior, quello sguardo ha trasformato per sempre la maison, cucendo insieme messaggi di empowerment, silhouette contemporanee, savoir-faire artigianale e accessori cult. Un racconto fatto di abiti, parole e immagini che ha ridisegnato la femminilità attraverso il filtro Dior.
Maria Grazia Chiuri lascia Dior: il femminismo su una t-shirt
Era la sua prima collezione, la Primavera/Estate 2017, quando sul catwalk parigino Ruth Bell – capelli rasati e sguardo magnetico – apriva lo show con una giacca da scherma trapuntata. Subito dopo, in un crescendo visivo, arrivava la t-shirt bianca con la scritta “We Should All Be Feminists”. Un capo semplice e potentissimo. Quel messaggio, preso in prestito dall’autrice Chimamanda Ngozi Adichie, non era solo uno slogan: era il manifesto dell’era Chiuri. Da quel momento, Dior non sarebbe stato più solo sinonimo di New Look e red carpet, ma anche di sororità, identità e voce politica.
Maria Grazia Chiuri ha inserito messaggi forti in abiti trasparenti, ha fatto sfilare pensiero critico e poesia. Ha portato in passerella domande provocatorie, come la maglietta con la scritta “Why Have There Been No Great Women Artists?”, che citava Linda Nochlin e la sua riflessione sulla storia dell’arte al maschile. Ma l’ha fatto sempre con eleganza, con una grazia visiva che ammanta anche i concetti più taglienti.

Rivoluzione Chiuri: la giacca Bar incontra il workwear
Tra le prime grandi mosse, Chiuri ha deciso di smorzare la rigidità iconica del tailleur Bar, simbolo assoluto del New Look di Monsieur Dior. Nella collezione Autunno/Inverno 2017, la giacca Bar torna in blu navy (colore amatissimo da Christian Dior) ma si ammorbidisce nei tagli, prende ispirazione dal workwear e si abbina a pantaloni morbidi o gonne fluide. L’eleganza si mescola alla quotidianità. Non è più un abito da salotto parigino: è una divisa da giorno, comoda, pensata per donne vere.
Il denim compare in sfilata: tute, camicie e pantaloni in jeans azzurro lavorato a mano, per vestire la contemporaneità con il linguaggio della couture. La giacca da scherma, quella del debutto, diventa simbolo: protezione, ma anche eleganza marziale, equilibrio tra corpo e spirito.
L’arte diventa moda (e viceversa)
Maria Grazia Chiuri non ha mai disegnato da sola. Con lei, in ogni collezione, ci sono state artiste, studiose, artigiane. Dalla collaborazione con Judy Chicago per la sfilata Couture P/E 2020 alle installazioni luminose di Marinella Senatore per la Cruise 2021 a Lecce, ogni show è stato una dichiarazione d’intenti.
Per l’haute couture di Chicago, Chiuri ha fatto ricamare domande sulle pareti della tenda-santuario in cui sfilavano le modelle: “E se Dio fosse una donna?”. La scenografia si univa agli abiti in toni porpora e oro, morbidi e sontuosi come rituali femminili. Nella stessa linea, le frasi al neon del collettivo Claire Fontaine sulla passerella A/I 2020 brillavano forti: “Consent” lampeggiava come un semaforo, accanto a provocazioni del tipo “Patriarchy = Climate Emergency”. Era moda, certo. Ma anche manifesto.

Le collaborazioni artigianali: dalla Puglia all’Africa
La Chiuri non ha mai avuto paura di sporcare la couture con la terra. Letteralmente. Per la Cruise 2020 a Marrakech ha collaborato con artigiani della Costa d’Avorio per reinterpretare i tessuti wax africani, mentre la sfilata a Lecce nel 2021 è stata un’ode alle sue radici pugliesi.
Il pizzo al tombolo, i telai manuali della Fondazione Le Costantine, i ricami che raccontano storie di mani esperte: tutto è entrato in Dior. Gli abiti diventano tela per artigiane locali, per tradizioni che parlano attraverso il filo e il tempo. E poi i riferimenti visivi: il Toile de Jouy con animali fantastici, i tarocchi, le stelle. Ogni collezione un universo, ogni universo un messaggio.
La Saddle Bag (e tutte le it-bag del regno Chiuri)
Maria Grazia Chiuri ha saputo recuperare accessori iconici e trasformarli in oggetti del desiderio contemporanei. Uno su tutti: la Saddle Bag. Disegnata originariamente da John Galliano, la borsa a forma di sella è tornata in auge sotto la sua direzione: tela Oblique, ricami etnici, tracolle intercambiabili. Un’icona del passato diventata di nuovo oggetto culto.
Chiuri ha anche creato la Dior Book Tote, enorme borsa da giorno ricamata, perfetta per la vita reale. E poi la Bobby (dedicata al cane di Monsieur Dior), la Caro (omaggio alla sorella partigiana del couturier), e la 30 Montaigne, con il grande logo CD e tutta l’eleganza della sobrietà.
Ogni borsa una storia, ogni storia un’identità. Non accessori, ma manifesti portabili. E non è un caso se Chiuri è partita proprio dagli accessori: il suo sguardo raffinato li ha sempre visti come elemento strutturale, mai secondario.

Abiti lunari, gonne in tulle e reggiseni a vista
Il romanticismo di Chiuri è colto, visionario. Gli abiti in chiffon trasparente ricamati con tarocchi, stelle, lune e simbologie esoteriche sono una delle sue cifre più poetiche. Le gonne in tulle si mescolano a corsetti sportivi, i reggiseni con elastico “Christian Dior” diventano capi a vista, abbinati a camicie maschili o gonne a balze. Un linguaggio fatto di contrasti.
E se nelle collezioni Haute Couture dominano la leggerezza e il sogno, nelle Pre-Fall e Cruise esplodono riferimenti folklorici, dettagli etnici, stampe animalier, silhouette stratificate e spiritualità visiva. Come nelle modelle-cavaliere della Cruise 2019, ispirate alle escaramuzas messicane: gonne a vita alta, bluse con maniche a sbuffo, stivali da rodeo e cappelli a tesa larga. Un western poetico, al femminile.
Il corpo libero e le scarpe basse
Forse una delle vere rivoluzioni è passata per i piedi. Niente tacchi vertiginosi, ma slingback J’ADIOR, ballerine in raso, stivaletti militari decorati, sneakers logate. Maria Grazia Chiuri ha liberato il corpo delle donne senza mai rinunciare all’eleganza. L’ha fatto con le scarpe, con i tagli, con la scelta dei materiali: seta e denim, pelle e pizzo, tulle e cotone tecnico. Ha detto alle donne: siete già belle, potete camminare.
E ce lo ha mostrato, stagione dopo stagione, con modelle scelte per il carisma piuttosto che per l’uniformità. Lauren Hutton in passerella a 73 anni, Ruth Bell con la testa rasata, Sasha Pivovarova che dipinge tele durante una sfilata. Ogni casting un messaggio.

Maria Grazia Chiuri, l’eredità (senza addii)
Dopo anni in Fendi e Valentino, Maria Grazia Chiuri è arrivata in Dior con la forza di chi sa bene dove vuole andare. Ha riletto la storia della maison con rispetto ma senza deferenza. Ha usato il potere della moda per raccontare idee, culture, diritti, simboli.
E oggi che lascia Dior, quel racconto non si chiude. Perché una t-shirt che grida “We Should All Be Feminists” ha già detto tutto. Ma anche perché ogni sua borsa, ogni suo abito, ogni passerella illuminata da parole e donne, ha seminato un’eredità che andrà ben oltre la moda. Una Dio(r)evolution, fatta a mano, passo dopo passo.