Anche quest’anno, la maturità è iniziata. Il primo appuntamento? La temutissima prima prova, quella in cui si scrive tanto, ma si capisce anche molto di sé, del mondo, e del modo in cui la scuola immagina i suoi futuri adulti. Per chi la affronta, è il primo vero banco di prova: una soglia tra l’adolescenza e quel territorio incerto che chiamiamo vita adulta, fatta di scelte, responsabilità e domande a cui spesso non c’è una risposta giusta.
Le tracce 2025 sono un mix interessante tra memoria, identità, giustizia e futuro. Temi che fanno tremare le mani ai maturandi, ma che in realtà parlano a tutti. Anche a chi l’esame l’ha già dato, ma ancora si chiede dove sta andando.
Indice
Scrivere per crescere: la maturità come primo passo nell’età adulta
Alle 8:30 di mercoledì 18 giugno si aprono ufficialmente gli esami di maturità 2025. Un passaggio obbligato per i ragazzi e le ragazze che, sostenendo la prima prova, lo scritto di italiano, muovono i primi passi verso un periodo di tensione positiva, quella che serve per chiudere un capitolo adolescenziale e aprirne uno nuovo.
Sei ore per scrivere, rileggere, ripensare. Per partire dalle parole di altri e, attraverso il proprio sguardo sul mondo, scoprire qualcosa in più su di sé. Lavorando su tematiche profonde, complesse, che toccano da vicino la nostra società, i nostri valori, il modo in cui viviamo insieme.
Che si scelga tipologia A, B o C, il punto focale rimane lo stesso: esprimersi al meglio, dimostrando senso critico e capacità di linguaggio anche quando le aspettative sono tante e il tempo è contato.
Una prova che può mettere in crisi, ma non per questo si può cadere in considerazioni leggere rispetto a questioni attualissime. Uno specchio, forse imperfetto, di quello che sarà la vita adulta. O, almeno, della persona che si spera di diventare.
Maturità 2025, le tracce della prima prova
Tipologia A, l’analisi del testo
Tra le tracce che gli studenti possono scegliere le due relative all’analisi del testo che, quest’anno, appartengono a due nomi che fanno un certo effetto già solo a pronunciarli: Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Due autori capaci di raccontare la complessità dell’essere umani in tempi che cambiano (forse troppo in fretta).
La traccia di Pasolini, Appendice I, estratta dall’opera Dal diario (1943-1944), è un testo che si mette a nudo: racconta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta con uno sguardo intimo e introspettivo. Una riflessione che permette a chi scrive di confrontare due fasi diverse della vita e metterle in relazione con il mondo esterno e la natura, lavorando su temi come la crescita, la presa di posizione e la coscienza: tutti elementi centrali nella poetica di Pasolini.
E poi Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con un brano dal Il Gattopardo, romanzo ambientato in Sicilia, durante il Risorgimento italiano che ha il coraggio di dire che sì, a volte il cambiamento è solo una messa in scena. Che si cambia tutto per non cambiare niente davvero. Un tema ancora attuale, forse anche più di allora: in un mondo che corre veloce, non è facile capire cosa sta cambiando davvero e se noi ci stiamo muovendo insieme a lui.
Tipologia B, ragionare su ciò che conta
Se la tipologia A permette di analizzare le parole dei grandi, la B apre al dialogo con i temi che ci attraversano ogni giorno. Un’occasione per fermarsi e dire la propria su questioni che spesso diamo per scontate.
Nelle tracce 2025, si parte dal peso della storia con Piers Brendon e Gli anni trenta, il decennio che sconvolse il mondo, che esplora contrasti, crisi economiche e ideologie estreme mostrandoci quanto il passato possa rispecchiare il presente.
Poi c’è il rispetto, parola scelta da Treccani per il 2024 e proposta da Riccardo Maccioni in un pezzo su Avvenire. Maccioni la descrive come “attenzione, gusto dell’incontro, stima”, un antidoto al linguaggio che divide. Una parola che significa riconoscere dignità, accogliere la diversità, ascoltare senza giudicare. Un valore fondamentale per una democrazia sana, soprattutto vivendo in un’epoca di social dove l’indifferenza, il disprezzo e l’insolenza diventano forme di violenza tutt’altro che silenziosa.
Infine, Telmo Pievani, con Un quarto d’era (geologica) di celebrità, ci invita a una riflessione sul tempo e sul pianeta. Il nostro passaggio sulla Terra è brevissimo rispetto all’intera storia geologica, ed è bene pensare all’impatto delle nostre azioni non solo oggi, ma per le generazioni future.
In tutti i casi, la sfida resta la stessa: partire da un testo e usarlo come trampolino per mettere in fila le proprie idee, rimanendo lucidi anche quando tremano le mani. Una prova che, in fondo, rispecchia la vita quotidiana: prendere posizione, scegliere le parole giuste e provare a dire chi siamo.
Tipologia C, tema di attualità
Le due tracce C regalano a studenti e studentesse la possibilità di entrare più a fondo nella riflessione sull’attualità. In questo senso, il testo tratto da I giovani, la mia speranza di Paolo Borsellino è terreno fertilissimo. Un discorso del magistrato palermitano, da sempre in prima linea contro la mafia, che in queste righe si dice fiducioso e ottimista nei confronti delle nuove generazioni sul tema della legalità.
“I ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo”, scrive Borsellino. Una luce verso un futuro forse più luminoso, messo nelle mani di chi verrà dopo, con la speranza che possa portare avanti valori come giustizia, legalità e responsabilità anche quando il mondo intorno sembra andare in direzione opposta.
E se il senso critico e la forza di indignarsi restano punti fondamentali, la seconda traccia del tema di attualità ci porta su un terreno più scivoloso: quello del dibattito online. Il testo di Anna Meldolesi e Chiara Lalli, L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?, invita a riflettere su come oggi i contenuti vengano spesso costruiti per provocare reazioni forti titoli sensazionalistici, commenti infuocati, like e condivisioni che nascono più dal fastidio che dalla consapevolezza.
Ma serve davvero a qualcosa? O rischia di svuotare il senso stesso dell’impegno? Se ci indigniamo per tutto, forse finiamo per non indignarci davvero per niente. Eppure, l’indignazione autentica, quella che nasce da un pensiero profondo e non da un algoritmo, può ancora essere un motore potente. Soprattutto se riesce a trasformarsi in azione.