Nei giorni scorsi, l’Italia è stata scossa, ancora, da due tragici femminicidi che hanno dimostrato quanto siamo lontani dal trovare una soluzione a questa maledetta deriva che riguarda, purtroppo, alcuni soggetti di sesso maschile, a prescindere dall’età e dal loro ceto sociale, dalla loro istruzione o dal loro luogo di nascita. Perché alcuni uomini uccidono, spezzano vite non per “troppo” amore, non per la grande sofferenza, lo fanno mossi da un’unica ragione: l’odio. Tu mi lasci? Io ti cancello. Tu non mi vuoi? io non lo accetto, ti tormento, ti seguo e alla fine ti uccido.
Sara Campanella era una studentessa di 22 anni dell’Università di Messina. Lunedì pomeriggio, mentre si trovava nei pressi del Policlinico, è stata accoltellata alla gola ed è poi deceduta durante il trasporto in ospedale. Le autorità hanno arrestato Stefano Argentino, 27 anni, suo collega universitario, accusato dell’omicidio. Secondo le indagini, Argentino avrebbe perseguitato Sara con attenzioni indesiderate per due anni. Sapete quante settimane ci sono in due anni? Centroquattro. Settecentotrenta giorni in cui questa ragazza ha provato e riprovato a rifiutare le avance del suo assassino, a fargli capire di non provare nessun tipo di interesse nei suoi confronti, e lui come ha reagito? All’ennesimo rifiuto le ha tagliato la gola, come fosse una bambola, come non fosse una donna, come se nelle sue vene non scorresse del sangue, come fosse un film dell’orrore. Come non fosse niente. E dopo cosa ha fatto? È scappato il vigliacco, si è andato a nascondere nella casa vacanza della famiglia, sembra, secondo alcune fonti, aiutato dalla madre. Già, perché sapete di solito cosa accade in queste situazioni? Gli omicidi dopo aver ucciso o scappano, o fanno finta di suicidarsi, perché, caso strano, alla fine non ci riescono mai. Ad uccidere, però, quando decidono di farlo, ci riescono sempre.
Il secondo caso coinvolge Ilaria Sula, anch’essa 22enne e studentessa di statistica alla Sapienza di Roma, il suo corpo è stato ritrovato mercoledì mattina in una valigia in una zona boschiva fuori dalla capitale. Il suo ex fidanzato, Mark Samson, 23 anni, reo confesso, è accusato di omicidio e occultamento di cadavere. Ilaria era stata vista l’ultima volta il 25 marzo. Da quel giorno, il suo telefono continuava a inviare messaggi ai genitori, rassicurandoli sul fatto che si trovasse a Napoli con amici. In realtà, come hanno rivelato le indagini, quei messaggi non erano scritti da lei, ma dal suo assassino che tentava di sviare le ricerche. Dopo giorni di interrogatori, Samson ha ceduto e ha ammesso il delitto. Ha guidato gli investigatori nel luogo in cui aveva nascosto il corpo: una valigia abbandonata tra la vegetazione. L’autopsia ha confermato che Ilaria è stata uccisa con tre coltellate al collo, un omicidio brutale che ha sconvolto l’opinione pubblica. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il movente, anche se si sospetta che alla base del gesto vi fosse una dinamica di “gelosia e possesso”.
Anche in questo caso, visto che i genitori si trovavano all’interno dell’appartamento dove la ragazza è stata assassinata, si sospetta un coinvolgimento degli stessi nell’occultamento del cadavere (anche se per adesso non risultano indagati.) Cioè ci rendiamo conto? Uccidere e nascondere. Colpire, lasciar morire e poi rimanere lucido per infilare il corpo in una valigia e lanciarlo in un dirupo, come fosse spazzatura di cui liberarsi. Mi dite come fate a chiamarlo amore, gelosia e possesso? Non è l’amore a muovere il coltello, ma l’odio, il non sapere accettare un no come risposta, il non riuscire a capire che una storia possa finire. Può far male? Certo, tanto, a volte anche tantissimo ma poi posso giurarvelo: passa. Tutto passa. Solo alla morte non c’è rimedio.
Questi tragici episodi evidenziano l’urgenza di affrontare la questione della violenza contro le donne in Italia, sia attraverso misure legislative che tramite un cambiamento culturale profondo. Cosa possiamo fare? I ministri interrogati in merito hanno così risposto: “È necessaria un’educazione che promuova relazioni rispettose per combattere la violenza di genere, molti uomini non sanno gestire il rifiuto, c’è la necessità di una ‘ribellione culturale’ per affrontare la violenza contro le donne”.
Ma l’impressione è che queste siano solo belle parole con cui i politici di turno riescano a sciacquarsi la bocca e la loro coscienza. A chi spetta l’educazione di questi soggetti? Come si insegna che togliere la vita non è indice di “troppo” amore, ma di odio, visto che ci sono ancora alcuni giornalisti che descrivono così i femminicidi? E se questa ignoranza è così radicata come si riuscirà a scardinarla? Non è gridando al capolavoro dopo aver visto Adolescence che si risolveranno le problematiche reali legati ai gruppi misogini (Incel Redpillati etc…)presenti sul web nella vita di tutti i giorni.
Cosa possiamo fare affinché nessun genitore sia costretto a dire: “Mia figlia non meritava di morire, lei volevo solo vivere. Vogliamo giustizia”. Noi ce lo chiediamo tutti i giorni, ad ogni ragazza uccisa, e voi?