La donna morta a Villa Pamphili ha un nome. E, ci auguriamo, giustizia

Si chiamava Anastasia Trofimova la donna trovata morta nel parco di Roma, madre della bambina assassinata. Dopo il riconoscimento, aspettiamo la verità

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Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

Pubblicato: 19 Giugno 2025 12:45

C’è stato un momento, dopo ormai quasi due settimane dalla macabra scoperta dei due corpi a Villa Pamphili, in cui ho pensato (insieme a tanti) che il caso non sarebbe mai stato risolto. Vite ai margini – così sembrava all’inizio –  identità sconosciute, un uomo scomparso nel nulla. Per chi, come me, quel parco lo conosce e lo frequenta ogni giorno, correre accanto ai luoghi dove sono stati ritrovati i corpi della donna e di sua figlia, è straziante. Vedere i peluche e i bigliettini lasciati su quel fazzoletto di terra dove il corpo di una bambina di soli 6 mesi è stata abbandonato, dopo essere stata strangolata e dove quello della madre, ormai irriconoscibile perché in avanzato stato di decomposizione, è stato gettato tra gli oleandri continua ad essere ogni giorno un colpo nello stomaco.

Un luogo da sempre simbolo di famiglie felici, di vita sana e spensierata, diventato di colpo lo scenario di un film dell’orrore. E molti di noi hanno pensato, ne sono sicura: “Non lo troveranno mai, quelle due povere creature non avranno mai un nome né tantomeno giustizia”.

La fortuna è stata solo una: che quell’uomo tanto ai margini non era, arrivava da una famiglia benestante che ogni mese gli versava (la madre)  dai 4 ai 6 mila euro pur di tenerlo lontano, perché a casa, negli Usa, aveva già avuto diverse denunce per aggressione e violenza domestica,  e un arresto. E che, nonostante le false identità- Rexal Ford, Matteo Capozzi – e i vari depistaggi,  grazie ai telefonini e le carte di credito che usava è stato rintracciato e arrestato a Skiathos. L’Italia ha chiesto l’estradizione alle Grecia, lui chiede quella negli Usa. Speriamo che la giustizia, possa, questa volta, dare onore al proprio nome e arrivare non solo alla verità ma ad una equa condanna. Per Andromeda e per Stella, per tutte le donne, di qualunque età, dai 6 mesi ai 100 anni, vittime della brutalità degli uomini. Spesso quegli stessi uomini, compagni, mariti o padri,  che dovrebbero lottare per la loro vita, non causarne la morte.

Oggi una nuova, bellissima, notizia: dopo due settimana anche Stella è stata riconosciuta: grazie ai tatuaggi segnalati dalla polizia, grazie a Chi l’ha visto, una donna russa ha chiamato. “È mia figlia Anastasia”, ha detto al programma di Rai3, “Era andata a studiare inglese a Malta, dove ha conosciuto Charles Francis Kaufmann” (vero nome dell’uomo). Anastasia Trofimova era nata a Omsk, nella Federazione Russa, il 21 settembre 1996, aveva meno di 29 anni.

Come riporta il Corriere. “La mamma sostiene di averla sentita l’ultima volta in videochiamata il 27 maggio. C’era anche l’uomo, che millantando di essere sceneggiatore e pure regista, le assicurava di essere una brava persona e di voler mettere su famiglia con la sua Anastasia.  Poi una mail del 2 giugno, nella quale la ragazza diceva di avere dei problemi con il suo compagno ma che stavano cercando di risolverli. Il nome della bambina, trovata senza vita sempre il 7 giugno tra i cespugli della villa romana, è Andromeda, anche se successivamente è stata chiamata Lucia”.

Piano piano le tessere di questo triste puzzle si stanno ricomponendo. I protagonisti ora hanno un volto e un nome, una storia, un passato che ridà loro dignità e non li relega a vittime inanimate sullo sfondo. Anastasia e Andromeda non avranno comunque un futuro, non cresceranno insieme, ma almeno avranno parenti che potranno piangerle e ricordarle. E, ci auguriamo, la loro giustizia.